Wednesday, November 15, 2006

DON’T ASK, DON’ TELL. IL PENTAGONO CURA GLI OMOSESSUALI

(25/06/2006) In più di dieci anni il Pentagono ha speso 363 milioni di dollari per far tacere i gay e lesbiche. Secondo il Ministero della Difesa gli omosessuali sono malati.
Uno dei problemi della comunità omosessuale è certamente la visibilità, soprattutto quella vietata dai legislatori. Si è soliti pensare che in “occidente” i gay e le lesbiche possano vivere liberamente la propria sessualità, senza leggi che lo impediscano (come ad esempio accade oggi in Camerun). Eppure non è così. La stessa America che ricorda Stonewall (ogni 28 giugno) chiede ai propri militari gay e lesbiche di non parlare della propria omosessualità.

Per garantirsi il silenzio dei propri militari, Bill Clinton (lo stesso presidente testimone della famosa stretta di mano tra il premier israeliano Yitzhak Rabin e il leader palestinese Yasser Arafat) introdusse nel 1993 il provvedimento “DON’T ASK, DON’T TELL”, a causa del quale tutti gli omosessuali impegnati nell’esercito non devono parlare delle proprie preferenze sessuali.

Passano gli anni. Gli Stati Uniti d’America sono oggi governati da un presidente conservatore, George W Bush, che più volte in questi mesi ha cercato di vietare i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Parallelamente al dibattito sui matrimoni per gay e lesbiche (diversi saranno i referendum previsti per l’autunno prossimo sull’argomento) si ricomincia a parlare, a causa dello scandalo di cui sono partecipi diversi militari, della legge "don’t ask, don’t tell".

La comunità omosessuale capisce che il silenzio a cui sono stati costretti in tutti questi anni i militari non ha una spiegazione logica.

Oltre alle manifestazioni organizzate da alcune associazioni GLBT, diversi gruppi di studi si impegnano per capire quanto sia costato materialmente il provvedimento "don’t ask, don’t tell".I dati sono allarmanti. Secondo quanto scoperto per far tacere gli omosessuali, dal 1993 ad oggi, il Pentagono ha speso circa 363 milioni di dollari, il doppio di quelli dichiarati ufficialmente. Solo nel 2005, a causa della loro omosessualità, sono stati congedati 726 soldati.

Il dibattito, inevitabilmente, diventa pubblico. Oltre alle associazioni per i diritti umani anche i generali decidono di esprimersi pubblicamente sull’argomento.

“Come possiamo noi dire a un soldato: sei bravo abbastanza per combattere in Iraq ma non puoi essere apertamente gay?” ha dichiarato, durante l’annuale conferenza dei problemi del Ministero della Difesa, il generale Claudia Kennedy.

I vertici del Pentagono non rispondono, al loro posto ci pensano dei ricercatori dell’Università di Santa Barbara. Secondo quanto scoperto dal team di studio californiano, il Pentagono avrebbe fatto tacere in tutti questi anni i suoi soldati gay poiché la loro omosessualità rappresenterebbe una forma di malattia mentale, pericolosa tanto quanto quelle accusate dal malato immaginario di Molière.

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