Wednesday, November 15, 2006

DARIO BELLEZZA, L’ANGELO DI ELSA MORANTE

(05/02/2006) Il santo della comunità gay.

Il 31 marzo del 1996 moriva Dario Bellezza, “il più grande poeta della sua generazione”, secondo la fortunata definizione che ne aveva dato Pier Paolo Pasolini.

Massimo Consoli lo ricorda così:
“Dario era il mio amico più caro, più intimo, con il quale ho avuto un forte rapporto affettivo durato una trentina d’anni. Mentre lui se n’andava per sempre, io ero in aereo tra la Tailandia, dove avevo partecipato ad un incontro tra la Croce Rossa Italiana e la sua omologa in quel paese, ed il Giappone, dove avrei seguito i lavori di una Conferenza Internazionale sulle Emotrasfusioni.

La notizia mi raggiunse appena arrivai in albergo. Ebbi un attimo di smarrimento, poi scoppiai a piangere di fronte a quaranta primari dei vari ospedali italiani che, devo riconoscerlo, fecero a gara nel tentativo di riconsolarmi.

La scomparsa di Dario, dovuta all’aids, è stata una perdita enorme non solo per me, personalmente, ma anche per la nostra comunità, per la poesia italiana, per la cultura”
.

Nato a Roma nel 1944 Dario Bellezza è stato uno dei più grandi intelletuali italiani del XX secolo tant’è che in coincidenza con la pubblicazione di “Invettive e Licenze”, nel 1971, Pier Paolo Pasolini definì il lirico “il miglior poeta della nuova generazione” e come tale Bellezza si impegnò fino alla fine, quando il 31 marzo 1996 morì minato dall’aids.
Editorialista per praticamente tutte le riviste italiane di letteratura e di poesia ( Paragone, Carte Segrete, Bimestre, Periferia, il Policordo) oltre che per quotidiani e settimanali, Bellezza prima di scrivere quello che per tutti resta il suo capolavoro “Lettere da Sodoma”, decise di estraniarsi dall’impegno politico chiesto ai giovani intellettuali negli anni settanta. Del proprio dolore interiore di quel periodo scrive:

"Il mare di soggettività sto perlustrando
immemore di ogni altra dimensione.
Quello che il critico vuole non so dare. Solo
oralità invettiva infedeltà codarda petulanza".

Un dolore forte come quello provato in occasione della morte di Pasolini, al quale l’autore dedicherà nel 1981 il saggio biografico Morte di Pasolini. Scrive Bellezza nelle prime pagine del saggio:

“In tutta la loro gelida, disarmante crudezza delle sue foto oscene sul letto di morte... nudo, esposto, con tutte le macabre ferite esibite del suo 'sacro' martirio.
Nessuno protestò per quelle foto esibite in pubblico.
In faccia ai borghesi contenti di dirsi 'Così è morto quel cane'...". Questo lo spunto, l'occasione per parlare di un amico, per parlare della sua morte non con volgari scopi scandalistici, come aveva fatto la stampa del tempo, bensì per cercare di capire se questa morte, dalle tinte fosche, fosse stata determinata semplicemente dal caso oppure se era il prevedibile punto d'arrivo di un'esistenza complessa e di una personalità ambigua”.

La vita di Bellezza non si intrecciò, professionalmente e umanamente, solo con quella dell’autore di “Le ceneri di Gramsci”.

Anche Elsa Morante ebbe un ruolo importante nella vita dell’intellettuale romano. In un intervista rilasciata a Luciano Simonelli nel 1984, dichiara Bellezza:

"La conobbi quando avevo sedici anni e lei, cinquantenne s'innamorò di me... Io avevo molta ammirazione per lei e anche affetto, come lo può avere un giovane che ha scritto tre versi brutti, glieli fa leggere e si sente dire che sono un capolavoro... Certo se mi avesse considerato davvero un genio, come diceva, poi mi avrebbe perdonato qualunque cosa".

Invece Elsa Morante non gli perdonò mai "certe gravi offese", l’inganno sentimentale subito dal giovane autore.

"La nostra storia è andata avanti per nove mesi fino a quando una rivista ha pubblicato un mio racconto e lei, che credeva fossi eterosessuale, leggendolo si è accorta che non era così...".

Ancor più grave fu per la scrittrice rivivere il rapporto amoroso con Bellezza dalle pagine di uno dei suoi romanzi: Angelo.
In Angelo, infatti, il giovane protagonista, imprigionato in un'esistenza disastrosa segnata dalla droga, dall'omosessualità, dall'omicidio, incontra la "famosissima scrittrice" Elisa V. una paradisiaca e allo stesso tempo spietata e irraggiungibile "Dea della Letteratura" della quale egli è schiavo, vittima della sua profonda ma irrealizzabile passione.
Lo scrittore sa bene che questo romanzo gli costerà caro e che in molti lo accuseranno di aver cercato solo volgare pubblicità.

"Diranno che ho voluto, in verità, soprattutto svalutare agli occhi dei suoi passati lettori la figura sacra della scrittrice... Forse scrivo per vendetta, o per simulare davanti al fosco teatro di me stesso un amore impossibile e normale; e per ritrovare una perduta identità scomparsa nella tempesta del tempo... e pur sapendo che mai Elisa mi perdonerà, ho voluto per l'ultima volta testimoniare l'enorme dipendenza che a lei mi lega".

Passano gli anni, Bellezza pur pubblicando diversi libri e raccolte di poesie percepisce che ormai sono trascorsi gli anni della giovinezza e questo genera una sensazione di precarietà, di angosciosa attesa della morte. Il poeta ne avverte la presenza, ne è atterrito e lo confessa con struggente onestà:

"Ho paura. Lo ripeto a me stesso
invano. Questa non è poesia né testamento.
Ho paura di morire. Di fronte a questo
che vale cercare le parole per dirlo
meglio. La paura resta, lo stesso".

La sofferenza incurabile, causata dall’aids, lo costringerà a riflettere sul valore stesso del suo lavoro poetico:

"Io relitto semiserio di un mondo scomparso...
...io poeta,
genere alimentare fra i più scadenti
e ispessiti dalla volgarità del consumo
...piango sulla comune sorte
di rimanere dentro l'umano".

A due anni dalla morte, nel 1998, nel corso di una cerimonia all’università romana La Sapienza venne dichiarato come “Santo della comunità gay”.

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